I MrBeast Burger fanno schifo anche a MrBeast, tutta colpa delle Ghost Kitchen?
Sembrava una idea geniale, si è rivelata un incubo da cui è ora difficile svegliarsi.
Il 2020 e 2021 non sono stati esattamente dei buoni anni per la ristorazione mondiale: la pandemia ha costretto alla chiusura i ristoranti, tradizionali e non.
Gli unici a continuare ad operare sono stati quelli che avevano modo di effettuare consegne a domicilio e saprete già da soli quanto sono cresciuti in quell’anno tutti i servizi di acquisto e consegna online di cibo: JustEat, Uber Eats, etc.
Ma questi servizi esistevano già da anni e con loro una particolare forma di business legato alla ristorazione: le ghost kitchen.
Ne ho sentito parlare per la prima volta a New York una decina di anni fa: per farla breve si tratta di ristoranti che hanno come struttura unicamente la cucina e che utilizzano i servizi di prenotazione e delivery per le consegne ai clienti di quanto è stato cucinato.
Non c’è insomma un vero ristorante in cui entrare, ma tutto il cibo preparato nella cucina viene poi consegnato direttamente a casa di chi ha ordinato. A New York come spiegavo questa cosa è nata diversi anni fa, ed erano soprattutto pizzerie all’inizio a seguire questo modello.
L’idea è molto buona: prendi un magazzino fuori città, ma non troppo, che ti costa molto meno di affitto rispetto ad una pizzeria in centro. Non ha i costi del personale che deve accogliere e servire la clientela, ma solo di quello che lavora in cucina. Puoi decidere se gestire in autonomia o no le consegne.
Puoi di fatto aumentare la qualità mantenendo gli stessi prezzi, cosa che è successa all’inizio, quando l’idea era “giovane”. La pandemia come spiegavo ha enormemente velocizzato lo sviluppo di una buona idea e ne ha anche mostrato i possibili lati negativi.
Questa idea è talmente cresciuta da portare alla nascita di interi network di ghost kitchen che non solo sfruttano il metodo appena descritto, ma lavorano sotto un unico brand, creando quindi delle catene di ristoranti “virtuali” che imitano le tecniche di marketing di quelli classici, come potrebbero essere McDonald’s o Wendy’s per intenderci.
Una di queste iniziative nata nel 2019 è Virtual Dining Concepts, società creata da uno dei fondatori della catena Hard Rock Cafe che appunto sfrutta questo metodo di produzione e distribuzione e lo coniuga con il marketing della grandi catene americane.
Così come è possibile aprire un nuovo ristorante di una catena classica, ecco che è da qualche anno possibile aprire una ghost kitchen sfruttando, oltre ai vantaggi già descritti, anche il marchio della catena e la relativa comunicazione.
È così che alla fine del 2020 MrBeast, creator che non penso abbia bisogno di presentazioni, decide di investire un po’ del suo abbondante grano per creare un marchio insieme alla Virtual Dining Concepts ed entrare nel settore delle ghost kitchen.
Nasce così MrBeast Burger.
Nel 2022, a pandemia rientrata, viene aperto il primo ristorante di MrBeast Burger all’ìnterno di un centro commerciale in New Jersey, con un evento di lancio che fa il giro di internet perché, grazie alla visibilità dello youtuber più famoso del pianeta, si presentano decine di migliaia di persone.
I primi feedback sono eccezionali: la qualità è altissima, si confrontano gli hamburger di MrBeast con quelli di catene ormai leggendarie come Shake Shack o In-N-Out.
È tutto perfetto: una buona idea di business, un ottimo marketing e comunicazione, un metodo di distribuzione economico e pratico e una altissima qualità del prodotto decretano il successo di MrBeast Burger che esplode come marchio negli Stati Uniti.
Ma in poco più di un anno tutto è cambiato: dalla prima location fisica si è passati al “vero” piano, cioè appunto usare ghost kitchen e consegna a domicilio, aprendo nuove cucine in tutto il paese.
Ad oggi negli Stati Uniti esistono oltre 1700 tra ghost kitchen e ristoranti classici che consegnano MrBeast Burger in tutto il paese. Millesettecento, avete letto bene.
Cosa è successo? Perché ve ne sto parlando? Semplicemente perché, come era abbastanza facile prevedere, affidarsi a così tante micro attività sparse per il territorio per cercare di realizzare lo stesso menu è inevitabilmente la ricetta di un disastro.
Già le grandissime catene fanno molta fatica a tenere una buona consistenza nella propria offerta: Offrire lo stesso identico hamburger a New York e a Los Angeles, ad esempio, non è facile. Figuriamoci se a provarci invece sono migliaia di ghost kitchen in giro per il paese, gestite spesso da improvvisati del mestiere attirati dall’interessante modello di business e da facili guadagni.
Gli ordini poi avvengono attraverso un’app dedicata, quindi le cucine che partecipano non compaiono in nessun modo all’acquirente. Che voglio dire? Che non c’è nessuna responsabilità percepita da chi cucina. Il cliente vede solo il brand MrBeast Burger, non il nome o l’indirizzo di chi lo produce. E quindi chi me lo fa fare di farlo bene quando posso farlo male, risparmiando su materie prime, tempo e manodopera, senza avere nessun contraccolpo di immagine sulla mia attività? Ovvio che così la merda viene a galla in frettissima.
E quindi Internet si è riempita di recensioni devastanti dei MrBeast Burger che vengono consegnati a casa da queste cucine. Girano delle foto da star male solo a guardarle. Un disastro.
Lo stesso MrBeast ha cominciato, paradossalmente, a parlare male online dei propri hamburger descrivendoli come “immangiabili”. Ha spiegato che l’accordo che ha siglato nel 2020 non gli permette di controllare la qualità del prodotto venduto con il suo nome, dando la colpa alla sua inesperienza.
Immagino quanto debba essere stato frustrante per lui (mentre si asciugava le lacrime con le banconote) vedere comparire online così tante recensioni negative. E così la settimana scorsa è passato all’azione, cercando di concludere la sua collaborazione con Virtual Dining Concepts attraveso una causa legale: lo youtuber accusa la società di non aver rispettato la qualità del prodotto promessa, a spesa del brand creato che ora è sinonimo di hamburger schifosi.
E oggi Virtual Dining Concepts fa causa a MrBeast, chiedendo dieci milioni di dollari di risarcimento, per non aver rispettato gli accordi di promozione del brand e averne parlato male sui suoi social.
Immagino che ci vorranno ora mesi, se non anni, prima che la questione si risolva, probabilmente con Virtual Dining Concepts che smetterà di vendere sotto il marchio MrBeast dopo aver incassato un bel po’ di dollari di risarcimento. Le cause non arriveranno mai in tribunale, le parti troveranno un accordo extragiudiziale.
Finirà così, molto male, un’idea che poteva essere davvero vincente: un buon metodo di produzione e distribuzione, un marchio forte, spinto da una personalità fortissima, il tutto nativamente digitale e scalabile all’infinito.
Si paga, come spesso accade, l’inesperienza e la faciloneria dei principianti.
Non aver capito (o averlo semplicemente ignorato) quanto crescere così velocemente aprendo ghost kitchen di bassa qualità avrebbe portato ad un calo drastico della qualità del prodotto è stato davvero assurdo.
Immagino il tutto sia dovuto al solito mix di avidità e stupidità che contraddistingue certe operazioni che non nascono dalla passione, ma dal puro conto economico.
Cosa possiamo imparare da tutto questo? Il modello di business delle ghost kitchen rimane per me molto interessante e potenzialmente molto profittevole, ma è indispensabile reinvestire quanto si risparmia utilizzando questo modello, offrendo una qualità il più alta possibile, soprattutto se si è creato un marchio e una intera catena di queste cucine sparse per il territorio.
Ovvio leggerlo ora, ma non tanto a quanto pare.
Se MrBeast avesse guardato "The Founder" avrebbe avuto qualche dubbio in più sulla difficoltà nel mantenere alta la qualità
Mi sembra impossibile che non ci sia arrivato prima, secondo me è uno di quei rari casi in cui anche senza troppa esperienza puoi capire che qualcosa di marcio è dietro l'angolo.